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Airone Barbecue

Come trasformare una comunicazione “tecnica” in una “che vende”

Airone Barbecue
www.aironebarbecue.com

Patrick Camerin

Qual è il settore in cui opera la tua azienda?

C’è stato un tempo in cui le piastre per cucine professionali venivano costruite quasi sempre in ghisa. Quando la ghisa smise di essere esteticamente accettabile rispetto ad altri materiali, i produttori hanno iniziato ad abbellirla con delle iniezioni di piombo che la rendevano forse più bella e più economica, ma estremamente dannosa per la salute.

Fu così che nel 1993 una legge vietò l’uso della ghisa per la cottura dei prodotti alimentari.

Mio padre lavorava alla Ignis di Varese da quando aveva 14 anni. Una volta aperta la sua attività, nel 1968 fu lui a costruire la prima piastra di cottura al mondo in acciaio, assieme a un tecnico di un gruppo costruttore di grandi cucine per ristoranti.

Nell’88 ha creato una seconda attività. Questa nuova azienda ha cominciato a fare piastre più evolute di acciaio, in bimetallo, duplex, acciaio-cromo ecc.

Io entrai in azienda che ero poco più che un ragazzino, con poca esperienza sul campo, ma avevo un dono naturale: mi piaceva capire come funzionavano le cose e progettarle in modo che fossero migliori.

Questo mio talento, unito alle competenze che avevo acquisito sugli impianti a gas ed elettrici mi permetteva di creare un primo pezzo già corrispondente a quello definitivo, e i tempi di produzione si riducevano quasi a zero.

Siamo a fine anni ’90. Tutte le grosse aziende che costruiscono cucine si appoggiano ad altre aziende ESTERNE, specializzate solo in piastre di cottura. Aziende come la nostra, in sostanza.

Le cose andavano bene, il mercato era semplice.

Ma i mercati stavano cambiando.

A un certo punto i costruttori di cucine per la ristorazione si resero conto che la richiesta di cucine professionali era in aumento. Decisero di assumere degli ingegneri, che progettavano internamente tutti i componenti delle loro cucine. Questo voleva dire che i produttori di cucine non avevano più bisogno di rivolgersi all’ esterno.

Non era più richiesta la nostra competenza perché gli ingegneri erano già al libro paga di chi costruivano la cucina: non c’era quindi più bisogno di aziende super specializzate, ma di normali carpenterie.

La situazione era che io un bel giorno mi sono svegliato e mi sono reso conto che il mio plus, la mia specializzazione nella ristorazione, non era più richiesta dal mercato.

All’improvviso – o almeno senza che fossimo preparati – ci siamo trovati a combattere una guerra di prezzi, senza poter far valere le nostre competenze, con macchinari inutilizzati e gente da lasciare a casa…

Ricordo ancora i momenti in cui, nelle giornate più difficili, sapevo di dover affrontare gli occhi dei miei operai e di dover dare loro la notizia che con tutta probabilità a breve sarebbero dovuti rimanere a casa.

“E adesso che succede?”

In famiglia non facevamo altro che chiederci cosa sarebbe successo, in quei giorni bui.

“Dovremo chiudere?”, pensavamo.

E fu una sera di quelle più nere del solito, di quelle in cui ero più tormentato, che decisi di mettere su un po’ di carne sulla griglia e accendere il mio barbecue a gas.

Era un barbecue a gas tradizionale, quindi ci impiegava molto nei tempi di preparazione, era lento a cucinare, difficile da pulire, eccetera eccetera…

Ricordo ancora mentre sbottavo per prepararlo, a ciò che mi passava per la mente:

“ma che bella idea del cavolo ho avuto, non mi bastano le rogne a lavoro… dovevo pure andare a complicarmi la vita mettendomi davanti a sto attrezzo in lamiera che mi fa sputare sangue!”

E fu proprio in quel momento che l’idea mi balenò in testa.

“Ma perché tutto ciò che abbiamo fatto finora non potremmo trasformarlo e adattarlo a chi ne ha bisogno tutti i giorni?”

In quel momento io avrei voluto fortemente un barbecue che fosse rapido da accendere, pratico da utilizzare, che non andasse ad appesantire una situazione già difficile e che non mi desse troppa noia a pulirlo.

“Perché non costruire un barbecue per la famiglia con la tecnologia delle nostre piastre da ristorazione?”

Potenzialmente, quella era l’idea che avrebbe potuto rivoluzionare l’idea di barbecue nella mente delle persone.

E così nel 2000 abbiamo iniziato a costruire i barbecue a gas in acciaio inox.

E abbiamo fatto una scelta che allora ci era sembrata strana e difficile, ma che è stata determinante: abbiamo creato una nuova brand, Airone Barbecue e ci siamo specializzati unicamente nella costruzione di “barbecue con piastra in acciaio inox per le famiglie”.

Perché ho creato un’azienda super specializzata in piastre professionali di acciaio inox?

Qualsiasi mestiere tu faccia, puoi scegliere di rimanere professionista generico, ma in questo caso dovrai andarti a combattere una fetta di mercato enorme con un altrettanta enorme mole di concorrenza, e giocare solo sul prezzo più basso.

Specializzarsi in qualcosa vuol dire individuare il problema più sentito dei tuoi clienti e inventare qualcosa che vada a risolvere quello specifico problema!

Il problema che risolvo io è la quantità di tempo e di fatica che le persone impiegano per cucinare la carne alla piastra, dovendosi sacrificare davanti al fuoco per tutto il pomeriggio.

Quale è il problema che volevi risolvere che ti ha portato a scoprire e usare il Brand Positioning e a fare marketing?

La mia personalità è di estrazione molto tecnica ed anche la scolarizzazione è stata molto tecnica. Il mio problema da risolvere era il poco fatturato che la mia azienda faceva pur con un prodotto di alto livello e di alta qualità.

Io presentavo il mio prodotto esclusivamente dal punto di vista tecnico e spiegavo perché durava di più rispetto ai prodotti dei competitor. Ma non funzionava.

Anche se creavo nuovi prodotti da aggiungere alla linea, le persone non si ricordavano di me, né come azienda, né come prodotto di eccellenza e il fatturato aumentava molto poco rispetto alla fatica che facevo per inserire nuovi prodotti.

Ho pensato che probabilmente sbagliavo l’approccio nella presentazione per cui ho iniziato a cercare informazioni su come dovevo presentarmi e come dovevo presentare i prodotti.

E finalmente ho scoperto Brand Positioning.

Quali risultati hai ottenuto con l’uso del Brand Positioning?

Il Brand Positioning mi ha aperto la mente e mi ha fatto cambiare radicalmente le mie credenze su come si presenta l’azienda e il prodotto ed ho scoperto che l’affermazione “in azienda abbiamo sempre fatto così” puo’ essere fatale.

Grazie al Brand Positioning abbiamo aumentato moltissimo il fatturato, ho tolto il 50% dei prodotti dalla rete vendita, faccio meno fatica a gestire la produzione e posso dedicarmi molto di più al marketing.

Ha funzionato sia nel B2B che nel B2C. Infatti:

  • Sono riuscito a presentarmi e chiudere dei contratti con  clienti molto importanti
  • Sono riuscito a fatturare molto di più verso l’utente privato perché ho imparato a spiegare perché deve comprare da me e non da altri usando le emozioni e non la parte tecnica.

Cosa possiamo imparare da questo caso studio

In questa case history vediamo che il Brand Positioning ha aiutato l’imprenditore in qualcosa che è spesso difficile per molti imprenditori, specie se sono anche “gli inventori” o i “tecnici” dietro al prodotto: spiegare il prodotto al cliente in modo che sia interessante e motivante all’acquisto.

Troppo spesso – e in Italia è un problema abbastanza classico di molti distretti industriali – l’imprenditore comunica cosa è il prodotto dal suo punto di vista. Ma l’unico punto di vista che conta veramente è quello del cliente.

Si può dire che il Brand Positioning è una tecnica efficacissima per “mettersi nei panni del cliente” al fine di capire cosa dire e come dirlo.

E, non smetterò mai di sottolinearlo, dire cose che sono competitive nei confronti dei concorrenti e permettono di farti percepire come differente.

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Come trasformare una comunicazione “tecnica” in una “che vende”

Airone Barbecue
www.aironebarbecue.com

Patrick Camerin

Qual è il settore in cui opera la tua azienda?

C’è stato un tempo in cui le piastre per cucine professionali venivano costruite quasi sempre in ghisa. Quando la ghisa smise di essere esteticamente accettabile rispetto ad altri materiali, i produttori hanno iniziato ad abbellirla con delle iniezioni di piombo che la rendevano forse più bella e più economica, ma estremamente dannosa per la salute.

Fu così che nel 1993 una legge vietò l’uso della ghisa per la cottura dei prodotti alimentari.

Mio padre lavorava alla Ignis di Varese da quando aveva 14 anni. Una volta aperta la sua attività, nel 1968 fu lui a costruire la prima piastra di cottura al mondo in acciaio, assieme a un tecnico di un gruppo costruttore di grandi cucine per ristoranti.

Nell’88 ha creato una seconda attività. Questa nuova azienda ha cominciato a fare piastre più evolute di acciaio, in bimetallo, duplex, acciaio-cromo ecc.

Io entrai in azienda che ero poco più che un ragazzino, con poca esperienza sul campo, ma avevo un dono naturale: mi piaceva capire come funzionavano le cose e progettarle in modo che fossero migliori.

Questo mio talento, unito alle competenze che avevo acquisito sugli impianti a gas ed elettrici mi permetteva di creare un primo pezzo già corrispondente a quello definitivo, e i tempi di produzione si riducevano quasi a zero.

Siamo a fine anni ’90. Tutte le grosse aziende che costruiscono cucine si appoggiano ad altre aziende ESTERNE, specializzate solo in piastre di cottura. Aziende come la nostra, in sostanza.

Le cose andavano bene, il mercato era semplice.

Ma i mercati stavano cambiando.

A un certo punto i costruttori di cucine per la ristorazione si resero conto che la richiesta di cucine professionali era in aumento. Decisero di assumere degli ingegneri, che progettavano internamente tutti i componenti delle loro cucine. Questo voleva dire che i produttori di cucine non avevano più bisogno di rivolgersi all’ esterno.

Non era più richiesta la nostra competenza perché gli ingegneri erano già al libro paga di chi costruivano la cucina: non c’era quindi più bisogno di aziende super specializzate, ma di normali carpenterie.

La situazione era che io un bel giorno mi sono svegliato e mi sono reso conto che il mio plus, la mia specializzazione nella ristorazione, non era più richiesta dal mercato.

All’improvviso – o almeno senza che fossimo preparati – ci siamo trovati a combattere una guerra di prezzi, senza poter far valere le nostre competenze, con macchinari inutilizzati e gente da lasciare a casa…

Ricordo ancora i momenti in cui, nelle giornate più difficili, sapevo di dover affrontare gli occhi dei miei operai e di dover dare loro la notizia che con tutta probabilità a breve sarebbero dovuti rimanere a casa.

“E adesso che succede?”

In famiglia non facevamo altro che chiederci cosa sarebbe successo, in quei giorni bui.

“Dovremo chiudere?”, pensavamo.

E fu una sera di quelle più nere del solito, di quelle in cui ero più tormentato, che decisi di mettere su un po’ di carne sulla griglia e accendere il mio barbecue a gas.

Era un barbecue a gas tradizionale, quindi ci impiegava molto nei tempi di preparazione, era lento a cucinare, difficile da pulire, eccetera eccetera…

Ricordo ancora mentre sbottavo per prepararlo, a ciò che mi passava per la mente:

“ma che bella idea del cavolo ho avuto, non mi bastano le rogne a lavoro… dovevo pure andare a complicarmi la vita mettendomi davanti a sto attrezzo in lamiera che mi fa sputare sangue!”

E fu proprio in quel momento che l’idea mi balenò in testa.

“Ma perché tutto ciò che abbiamo fatto finora non potremmo trasformarlo e adattarlo a chi ne ha bisogno tutti i giorni?”

In quel momento io avrei voluto fortemente un barbecue che fosse rapido da accendere, pratico da utilizzare, che non andasse ad appesantire una situazione già difficile e che non mi desse troppa noia a pulirlo.

“Perché non costruire un barbecue per la famiglia con la tecnologia delle nostre piastre da ristorazione?”

Potenzialmente, quella era l’idea che avrebbe potuto rivoluzionare l’idea di barbecue nella mente delle persone.
E così nel 2000 abbiamo iniziato a costruire i barbecue a gas in acciaio inox.

E abbiamo fatto una scelta che allora ci era sembrata strana e difficile, ma che è stata determinante: abbiamo creato una nuova brand, Airone Barbecue e ci siamo specializzati unicamente nella costruzione di “barbecue con piastra in acciaio inox per le famiglie”.

Perché ho creato un’azienda super specializzata in piastre professionali di acciaio inox?

Qualsiasi mestiere tu faccia, puoi scegliere di rimanere professionista generico, ma in questo caso dovrai andarti a combattere una fetta di mercato enorme con un altrettanta enorme mole di concorrenza, e giocare solo sul prezzo più basso.

Specializzarsi in qualcosa vuol dire individuare il problema più sentito dei tuoi clienti e inventare qualcosa che vada a risolvere quello specifico problema!

Il problema che risolvo io è la quantità di tempo e di fatica che le persone impiegano per cucinare la carne alla piastra, dovendosi sacrificare davanti al fuoco per tutto il pomeriggio.

Quale è il problema che volevi risolvere che ti ha portato a scoprire e usare il Brand Positioning e a fare marketing?

​Anche se creavo nuovi prodotti da aggiungere alla linea, le persone non si ricordavano di me, né come azienda, né come prodotto di eccellenza e il fatturato aumentava molto poco rispetto alla fatica che facevo per inserire nuovi prodotti.

Ho pensato che probabilmente sbagliavo l’approccio nella presentazione per cui ho iniziato a cercare informazioni su come dovevo presentarmi e come dovevo presentare i prodotti.

E finalmente ho scoperto Brand Positioning.

Quali risultati hai ottenuto con l’uso del Brand Positioning?

Il Brand Positioning mi ha aperto la mente e mi ha fatto cambiare radicalmente le mie credenze su come si presenta l’azienda e il prodotto ed ho scoperto che l’affermazione “in azienda abbiamo sempre fatto così” puo’ essere fatale.

Grazie al Brand Positioning abbiamo aumentato moltissimo il fatturato, ho tolto il 50% dei prodotti dalla rete vendita, faccio meno fatica a gestire la produzione e posso dedicarmi molto di più al marketing.

Ha funzionato sia nel B2B che nel B2C. Infatti:

  • Sono riuscito a presentarmi e chiudere dei contratti con  clienti molto importanti
  • Sono riuscito a fatturare molto di più verso l’utente privato perché ho imparato a spiegare perché deve comprare da me e non da altri usando le emozioni e non la parte tecnica.

Cosa possiamo imparare da questo caso studio

In questa case history vediamo che il Brand Positioning ha aiutato l’imprenditore in qualcosa che è spesso difficile per molti imprenditori, specie se sono anche “gli inventori” o i “tecnici” dietro al prodotto: spiegare il prodotto al cliente in modo che sia interessante e motivante all’acquisto.

Troppo spesso – e in Italia è un problema abbastanza classico di molti distretti industriali – l’imprenditore comunica cosa è il prodotto dal suo punto di vista.

Ma l’unico punto di vista che conta veramente è quello del cliente.

Si può dire che il Brand Positioning è una tecnica efficacissima per “mettersi nei panni del cliente” al fine di capire cosa dire e come dirlo.

E, non smetterò mai di sottolinearlo, dire cose che sono competitive nei confronti dei concorrenti e permettono di farti percepire come differente.